Caro De Luca, lo spettacolo su Eleonora Fonseca Pimentel messo in scena all’Istituto italiano per gli studi filosofici e’ commovente, privo di retorica e insieme perfetto nella ricostruzione storica. La musica e le canzoni sono belle ed essenziali per approfondire il drammatico contesto sociale e locale. In poco più di un’ora si allestisce un contributo originale ed emozionante per comprendere il più tragico spartiacque della storia di Napoli: tra progresso e reazione, cultura e ignoranza, entusiasmo e malafede. Attrici e attori partecipano con intenso sentimento a delineare il tragico quadro dell’unica rivoluzione italiana, spenta nel sangue. In questi tempi tristi senza storia e senza passioni questo spettacolo andrebbe portato all’interno delle scuole per cercare di ridestare le coscienze dei giovani largamente private dei sentimenti dalla fredda invasione telematica e dalle crescenti difficoltà della vita.

Con affetto e partecipazione

Francesco Barbagallo

(Francesco Barbagallo, professore emerito di Storia contemporanea dell’Università Federico II di Napoli, storico meridionalista e autore di “Storia della camorra”,  “Napoli fine novecento, politici camorristi imprenditori”, “L’Italia repubblicana, dallo sviluppo alle occasioni mancate”, “Storia dell’Italia repubblicana”, “Enrico Berlinguer”)

rassegna stampa

Torna in scena a grande richiesta «Eleonora Pimentel Fonseca», la poetessa della rivoluzione partenopea

Tre serate di tutto esaurito, moltissimi posti aggiunti, file al botteghino e applausi insistenti e commossi per le tre repliche di «Eleonora Pimentel Fonseca. Con civica espansione di cuore», prodotto da Stati Teatrali e portato in scena dal 22 al 24 gennaio presso la Sala del Capitolo del Complesso di San Domenico Maggiore.

Un successo tale da spingere gli organizzatori a replicare con altre tre date per soddisfare tutte le altre richieste. Così lo spettacolo patrocinato da vari Enti e Istituzioni tra cui l’Assessorato alla Cultura del Comune di Napoli, l’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici e il Consolato del Portogallo sarà in repliche straordinarie sempre alla Sala del Capitolo di San Domenico Maggiore venerdì 19 e sabato 20 febbraio, ore 21 e domenica 21 febbraio, ore 19.

Dagli stucchi bianchi di Fanzago e dai colori degli affreschi di Ragolìa mescolati alla melodrammatica aria della “furtiva lagrima” fuoriescono gli attori. Sull’aria di Donizetti si innesta a sorpresa la marsigliese che rallenta dolente nel lago del coro del “marchons marchons” rivoluzionario come uno straziante canto d’amore. Poi subito il giudice borbonico Nicola Speciale che condanna a morte Eleonora Pimentel Fonseca. Da lì, parte la narrazione della “portoghesina” che prenderà per mano gli spettatori per raccontare la sua vita.

L’arrivo a Napoli, la frequentazione dei salotti intellettuali liberali ovvero il glorioso palazzo Serra di Cassano, la corte che si mostra accondiscendente verso la “poetessa”. Poi l’eco della rivoluzione francese, l’animo rivoluzionario di Eleonora che si dispiega nella lotta alla retrività borbonica, la formazione dei nuclei giacobini, l’arrivo a Napoli dell’esercito Francese, la cacciata dei Borboni e la proclamazione della Repubblica Napoletana del 1799 con la formazione della più avanzata forma di costituzione di tutta la storia dell’occidente.

Eleonora diventa direttore, primo direttore donna della Storia, del giornale portavoce del governo “Il monitore napolitano”, da cui condurrà tutte le sue battaglie politiche in nome della democrazia e della emancipazione del popolo dell’ex regno, tenuto in condizioni miserabili di ignoranza e di miseria estreme. Ma l’abbandono dell’esercito francese lascia la Repubblica in balìa della reazione borbonica, sanfedisti, lazzari, insurgenti, l’esercito inglese manovrati da Carolina in cerca di vendetta per la decapitazione in Francia della sorella Maria Antonietta e dal suo complice re Ferdinando. Eleonora e la repubblica hanno la peggio, ed Eleonora e i suoi amici patrioti finiranno chi decapitato chi impiccato. Questo in sintesi lo snodo storico che in un’ora e venti si vivrà nello spettacolo scritto da Riccardo De Luca che ha attinto da romanzi biografici come “Cara Elonora” di Maria Antonietta Macciocchi, “Il resto di niente” di Enzo Striano, e tra i vari documenti dell’epoca, dallo straziante “manoscritto di separazione” tra Eleonora e il marito Pasquale Tria, dove ci si affaccia nell’emblematica e tormentata vita privata della Pimentel. Questi testi, più altri originali di invenzione scritti da De Luca ex novo ci portano nel cuore della storia di Eleonora, a sua volta al centro del cuore della Storia: la battagliera Lenòr, la moglie Lenòr, la mancata madre Lenòr, la condannata a morte Lenòr interpretata con grande piglio combattivo, delicatezze profonde, sfumature intense da Annalisa Renzulli e attorno a Lenòr/Annalisa gira una fittissima schiera di personaggi tra cui il Re lazzarone Ferdinando, il sordido marito Pascuale Tria, l’ineffabile giudice Speciale, il poetico Pulcinella Cammarano tradotti in scena dalla perizia e dalla fantasia di Riccardo De Luca; la feroce regina Carolina ben creata da Francesca Rondinella che non manca di regalare da Theodorakis il “Fiume amaro” dell’animo di Lenòr; il dolce e dubbioso padre De Forti reso con viva drammaticità da Gino Grossi; la forza e il candore di Gennaro Serra di Cassano ridonato da Salvatore Veneruso con romantica sensibilità; la sensualità di Emma Hamilton rivissuta con elegante delicatezza da Lucrezia Delli Veneri; lazzari, insurgenti e plebe ben sintetizzati da una drammatica Marianna Barba e da un efficace Dario Barbato. Infine, dopo l’impiccagione, improvvisamente sopravvissuta alla sua morte, interpretando le riflessioni di De Luca sul futuro, Lenòr/Annalisa regala un momento di intensissima invenzione scenica: la visione delle idealità del ’99 come proposta di una strada politica alternativa, interpretata dalla Renzulli con una finezza gestuale e una originalità tonale così adeguate al senso che il finale diventa appassionatamente, poeticamente rivoluzionario. Il tutto diretto dallo stesso De Luca con mano inventiva, rigorosa e allo stesso tempo salutarmente spiazzante.

(ilmattino.it)

Eleonora Pimentel Fonseca: Monito universale e moderno, e sensibilità filologica

Nel Complesso monumentale di San Domenico Maggiore, dal 22 al 24 gennaio, è andato in scena lo spettacolo di Stati Teatrali che ha ricostruito la vicenda della fondatrice del Monitore Napoletano, emblema della Rivoluzione napoletana del 1799.

Riccardo De Luca è abituato a pensare “nel contemporaneo”: in passato ha già dimostrato come anche Shakespeare, Cechov e Totò potevano essere guardati dallo spettatore con gli occhi di chi ci trova qualcosa di sé, seduto in una modernità che per natura, via via, cambia anch’essa il suo punto di osservazione eppure continua a riconoscersi. E questa nuova occasione si offre come un luogo privilegiato, per riconoscere i tratti fondamentali di una società e di un motus comune, quello affrontato con la vicenda della Rivoluzione napoletana del 1799, e per di più tratteggiata all’interno di un ambiente anch’esso privilegiato, come è la Sala del Capitolo nel Complesso monumentale di San Domenico Maggiore, uno dei cuori più significativi del Centro storico di Napoli – patrimonio UNESCO.

L’operazione di mettere in scena Eleonora Pimentel Fonseca – Con civica espansione di cuore da parte di Stati Teatrali, oltretutto nei giorni in cui si commemorava la fondazione della Repubblica del ’99, ha ottenuto un giusto e meritato successo, stando alla grandissima partecipazione che ha riscontrato, cosa che dal punto di vista etico e civile ci fa chiedere come mai, dopo 217 anni, dobbiamo ancora lottare tanto, per mettere in luce la fondamentale importanza di quei sei mesi del 1799 che dovrebbero invece essere il pane quotidiano della coscienza e della grandezza dell’anelito di libertà e democrazia del popolo napoletano, per certi versi anche superiore a quello della stessa Rivoluzione francese cui si era ispirato; un momento rivoluzionario che dovrebbe essere da esempio oggi ancor più di ieri, per una collettività (napoletana, italiana ed europea) che non ne porta nel sangue il gene.

Dal lato della resa scenica, uniamo dunque i discorsi ed otteniamo il risultato di una modernità, appunto, che la regia offre al pubblico sotto alcune interessanti forme, unite ad una precisione e ad un ammirevole dettaglio storiografico. Rispettando sempre un piano narrativo condotto in prima persona, anche per la necessità di attraversare un grande numero di vicende che in tal modo vengono legate con precisione, viene creato un sottofondo di passaggi stridenti in cui si evidenzia il distacco fra le idee e la presa che (non) ebbero sul popolo; si affida il principio al melos che dopo Una furtiva lagrima unisce il Canto dei sanfedisti alla Marsigliese, in uno dei vari insiemi che soprattutto attraverso la musica (come in seguito arriveranno ad esempio anche Palummella e J’entends siffler le train) e la voce di una ispirata Francesca Rondinella, tutto abbraccia e comprende nella narrazione; e si porgono maschere assai riuscite come quelle che lo stesso De Luca interpreta, scegliendo per sé i tre personaggi più odiosi (il re Ferdinando IV, il marito Pasquale Tria De Solis ed il giudice Vincenzo Speciale).

Ed ovviamente, l’attenzione si incentra sul simbolo più brillante, una Eleonora de Fonseca Pimentel (Annalisa Renzulli) che diciamolo, finalmente viene restituita alla sua indole caparbia ed irriducibile, lontanissima da scialbe versioni cinematografiche poco realistiche, con uno sguardo alla figura privata che non aveva la percezione della sua grandezza a causa della mancanza di risultati, che usa la lingua napoletana dell’epoca per avvicinarsi al popolo, e che se all’inizio risente del mancato riconoscimento “ambientale”, in seguito, più si avvicina alla nascita della Repubblica, ancor più si rafforza nella sua quasi statuaria presenza, viva nel suo pathos, compresa e fiera, intensa eppure senza forzature.

Il lavoro sulle fonti, bisogna aggiungere, ha permesso di inserire frammenti preziosi, estratti direttamente dalle pagine del Monitore Napoletano, dal processo di separazione e da documenti d’archivio, con qualche aggiunta dal romanzo “Il resto di niente” di Enzo Striano e dalle intense ricerche storiche di Antonella Orefice, consentendosi in tal modo anche di inserire dettagli preziosi, assai significativi e poco conosciuti, come quelli sulla tomba di Ferdinando e sulla fossa comune dei Martiri, che ancora oggi non hanno ricevuto l’onore ed il riconoscimento che meritano. Il cast, completato da Gino Grossi, Salvatore Veneruso, Maria Anna Barba, Dario Barbato e Lucrezia Delli Veneri, agisce appropriatamente con il proposito di trasmettere, appunto, un’ambientazione non necessariamente soltanto filologica ma anche contemporanea, facendo vivere quella Napoli settecentesca lazzara, asservita ad un monarca inetto e rozzo e ad una consorte ispida e vendicativa, con approccio di genere sempre ben diversificato, fra dramma e comicità.

(teatro.it – Riccardo Limongi)

“Eleonora Pimentel Fonseca, con civica espansione di cuore” regia di Riccardo De Luca

Napoli – Un pubblico particolarmente attento ed emozionato al Maschio Angioino, alla prima del 27 maggio dello spettacolo “Eleonora Pimentel Fonseca – con civica espansione di cuore”. Una bella rappresentazione caratterizzata da una intensa recitazione da parte di tutto il cast di attori composto da: Annalisa Renzulli, Riccardo De Luca, Gino Grossi, Salvatore Veneruso, Maria Anna Barba, Dario Barbato, Lucrezia Delli Veneri, Francesca Rondinella, in cui è risaltata la particolare bravura di Riccardo De Luca e l’emozionante trasporto di Annalisa Renzulli nel ruolo di Eleonora Pimentel Fonseca, nel ripercorrere raccontando e recitando, i fatti napoletani del 1799. La trascrizione ad opera di Riccardo De Luca, dai romanzi “Cara Eleonora” di Maria Antonietta Macciocchi e “Il resto di niente” di Enzo Striano, tradotti in buona parte in napoletano settecentesco, l’accurata ricostruzione dai documenti storici tra cui “Il Monitore Napolitano” e il “Manoscritto del processo di separazione”, hanno ben riportato quelle vicende che avrebbero potuto dare lunga vita alla prima Repubblica Napoletana basata su una nuova costituzione, ispirata ai valori della rivoluzione francese, che si sono poi rivelati troppo prematuri per una popolazione soggiogata, inerme, e non ancora pronta per gli ideali di  libertà e di autodeterminazione.

Prodotto da Stati Teatrali, con la regia di Riccardo De Luca, questo spettacolo, che ha fatto già registrare notevoli successi, riesce a dare un chiaro quadro della travagliata vita di Eleonora Pimentel Fonseca, la coraggiosa donna che non volle mantenere quell’aristocratico distacco che forse le sarebbe tornato utile, per amore di un ideale e del popolo napoletano, di cui si sentiva parte integrante, nonostante fosse nata a Roma e vissuta in Portogallo. Un popolo del quale però non condivideva la devozione rassegnata e complice, alla tirannide Borbonica e che invano cercò di riscattare dalla miseria e dalla ignoranza in cui era stato gettato.

Un travaglio quello di Eleonora Pimentel Fonseca, che il sociologo Francesco Alberoni avrebbe inquadrato come “Stato nascente”, il processo sociologico per il quale nuovi ideali e rinate speranze uniscono individui generando movimenti di contrapposizione all’istituzione, partendo proprio dall’interno stesso delle istituzioni. Eleonora infatti per i Borboni, curava la biblioteca e da quell’osservatorio gli furono chiare le ingiustizie e le miserie che scardinavano qualunque resistenza di quel popolo napoletano che tanto amava, governato da un re ignorante e prepotente, definito in maniera più che mai appropriata, “Lazzarone”. Una drammaturgia intensa nel racconto recitato, cantato e mimato, che il regista Riccardo de Luca, ha voluto accompagnare con una colonna sonora da lui curata, che ha saputo coniugare moderno e classico, affidandosi anche alla prestigiosa voce di Francesca Rondinella.

Emblematica la presenza della maschera di Pulcinella come simbolo del pensiero popolano dell’epoca, a dimostrazione della completa indisponibilità alle sollecitazioni di Eleonora Pimentel Fonseca per una battaglia dagli ideali troppo lontani e poco consoni alla mediocrità rassegnata di una quotidianità senza pretese. Una coscienza civile, politica e sociale quella di Eleonora e i suoi compagni cittadini della Repubblica partenopea che si riverberò nella sua opera di sensibilizzazione con il “Monitore” della Repubblica di cui fu fondatrice, che gli costò la vita insieme a molti patrioti con cui aveva condiviso il sogno della libertà che la restaurazione dei Borboni affogò nel sangue.Eleonora è tornata a Palazzo Serra di Cassano – Repubblica Tv – la Repubblica.it

Una rappresentazione che fa rivivere gli stati d’animo di una prestigiosa realtà patriottica napoletana a cui ancor oggi, in cui sembra smarrita l’etica, si dovrebbe far riferimento.

(Teatrocult news – Pino Cotarelli)

ELEONORA PIMENTEL FONSECA – CON CIVICA ESPANSIONE DI CUORE di Riccardo De Luca

Come leggere la storia del glorioso risorgimento napoletano, ma non da uno dei soliti volumi: bensì, inebriandosi attraverso dialoghi accorati, canzoni e coreografie che ricostruiscono l’atmosfera di un’epoca. La sacralità di un momento che, nel percorso della città, sarebbe stato uno spartiacque; di cui allora come oggi si percepiva tutta l’importanza. Perché il popolo, la gente, sapeva che niente più sarebbe stato come prima. E che donne simili a lei, la signora “Eleonora Pimentella”, non ci sarebbero più state.

Come una meravigliosa tela la cui bellezza non viene chiusa, ma esaltata nella cornice giusta, nel cortile del Maschio Angioino – il 27 e il 28 maggio e poi il 3 e il 4 giugno – sono andate in scena le repliche straordinarie (dopo il sold out dell’inverno scorso) di Eleonora Pimentel Fonseca/Con civica Espansione di Cuore. Il dramma, di cui testo e regia sono curati da Riccardo De Luca, ripercorre l’epopea del risorgimento napoletano e di una delle sue più luminose protagoniste attraverso la trascrizione scenica di scritti come: i romanzi Cara Eleonora di Maria Antonietta Macciocchi e Il Resto di Niente di Enzo Striano (di entrambi alcune parti sono state tradotte in dialetto napoletano del 700); documenti tra cui Il Monitore Napoletano e il Manoscritto del processo di separazione.

Al centro di tutto, ovviamente, la figura di Eleonora (interpretata da Annalisa Renzulli), la cui vita viene raccontata a cominciare dal suo arrivo a Napoli. La sua famiglia è originaria del Portogallo, eppure la piccola (che all’approdo in città ha appena otto anni) si innamora subito della vivacità e del fermento tipicamente partenopei. La trama si dipana descrivendo l’amore per i libri e la letteratura della giovane Pimentel, la cui coscienza civica germoglia poco a poco, ma anche gli avvenimento che compromettono la sua dimensione affettiva: la morte prematura della madre, la rincorsa folle del padre di un titolo nobiliare che li risarcisse moralmente, il matrimonio con un uomo incapace di comprenderla e infine la perdita dei figli (uno appena nato, l’altro ancora in grembo).

Da un lato, la marchesa Eleonora de Fonseca Pimentel, intellettuale e letterata dai principi rivoluzionari; dal’altro la donna, figlia dolente, moglie e madre mortificata.
Lei: la ribelle, l’anticonformista, la “femmina” che osa parlare in pubblico e fondare giornali (come il Nuovo Monitore Napoletano). La spregiudicata che si permette di invadere la casa del suo sposo di “inutili e sciocchi” libri; che non si accontenta di scrivere odi e sonetti per allisciarsi il re Ferdinando e la regina Carolina, ma intende spronare il popolo alla conquista di libertà e uguaglianza. Come accade in Francia. Eleonora la giacobina, la rea di stato, la nobildonna istruita che non ha diritto a essere giustiziata attraverso decapitazione (come ogni altro aristocratico). No. Per lei solo la forca, come per i lazzaroni che affollano le strade della città. Eleonora, luce di quella che – suo malgrado – resterà la sola rivoluzione mai attuata in Italia e anzi collassata nel crollo della Repubblica Napoletana.

Potente la messa in scena, che rende al pubblico la luce splendente ma anche l’oscurantismo di quella eroica stagione che fu il 1799 a Napoli. Prima, il bagliore delle speranze di un gruppo di coraggosi initellettuali; il contagio di idee e sogni di riscatto provenienti dalla Francia. Dopo, il buio soffocante del popolo cieco e oppresso; dell’ignoranza che avviluppa le masse e si trasforma in violenza, restando aggrappata alla tirannide per sopravvivere a se stessa.

Bravissimi gli attori che sulla scena ornano i dialoghi di Eleonora con preziose melodie della tradizione intonate a cappella e danze popolari. Uno spettacolo, in definitiva, da non perdere, per riscoprire una pagina di storia che, grazie ad alcuni valorosi intellettuali e martiri (oltre a Eleonora, basti ricordare Luisa Sanfelice e Vincenzo Russo) fa onore alla città di Napoli.

(sipario.it – Giovanni Luca Montanino)

Eleonora Pimentel Fonseca nel mezzo di due Napoli

“Eleonora Pimentel Fonseca. Con civica espansione di cuore” è in scena presso San Domenico Maggiore nella Sala del Capitolo fino a domenica 24 gennaio, con Annalisa Renzulli nelle vesti di Eleonora, con e di Riccardo De Luca che ne è anche il regista, Gino Grossi, Francesca Rondinella, Salvatore Veneruso, Maria Anna Barba, Dario Barbato e Lucrezia Delle Veneri. Con la seconda edizione dello spettacolo patrocinato dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Napoli e dall’Istituto per gli Studi Filosofici, s’inaugura anche l’attività di Produzione Stati Teatrali creato dalla protagonista.

Eleonora Pimentel Fonseca, non un semplice adattamento.

Lo spettatore non assisterà esclusivamente all’adattamento teatrale alle opere con Eleonora Pimentel Fonseca, bensì anche al frutto di una profonda ricerca di documentazione storica. Sul palcoscenico vengono mescolati infatti le pagine dei romanzi con quelle dei documenti come il Monitore Napoletano.

La scena ha per fondale il Calvario del Ragolìa. Sul palco, poco rialzato, insiste una scenografia più che minimale costituita da tre cubi bianchi, per dar luogo ad uno spettacolo estremamente dinamico, definito con bravura dagli attori che riescono a restituire alla messa in scena il legame organico con il suo pubblico.

Il dramma dei martiri di Napoli è cosa purtroppo nota, ma nello spettacolo, anche grazie alle linee guida definite dal Resto di Niente di E. Striano, e da Cara Eleonora di M.A. Macciocchi, l’Eleonora Pimentel Fonseca di Annalisa Renzulli viene investita dalla napoletanità, che come una scatola di pastelli contiene tutti i colori, nero compreso.

Leggendo le pagine, i faldoni e gli incartamenti di quell’epoca, è possibile raggiungere un’immagine ben definita nelle nostre menti di Eleonora Pimentel Fonseca. Un pensiero così lucido che non solo la protagonista riesce a restituire con estrema nitidezza, ma che è anche il frutto dell’insieme delle voci che rappresentano finanche il contesto storico, con il risultato ben definito dagli altri attori sul palcoscenico.

Dai tempi della scoperta della città partenopea a quelli delle tristi sorti di moglie che subì violenze dal marito, riuscì a farsi ingraziare dal re “Lazaro” di Napoli diventando Marchesa. Con i salotti dell’epoca, nei quali si discuteva della libertà dalle pene del bisogno, fu accusata ed incarcerata per giacobinismo, ma una volta riconquistata la libertà, si ritrovò a difendere la Repubblica Napoletana appoggiata dalla Francia. Durante tale periodo, Eleonora Pimentel Fonseca fu l’autrice del Monitore Napoletano cercando di diffondere ideali repubblicani tra il popolo, con scarsi risultati.

Ci troviamo nel 1799, una Napoli nobilissima che si contrappose ad un’altra lazzara, e tra il giugno ed il luglio di quello stesso anno, la Repubblica Napoletana fu rovesciata e fu ricostituita la monarchia per Ferdinando IV, ponendo fine alla vita dei rei di Stato.

Durante lo spettacolo Annalisa Renzulli riesce a far emergere in maniera esemplare le caratteristiche di Eleonora, dalle ansie alle paure, superandole con la gioia che le infondeva Napoli. Gli altri attori lavorano molto sul carattere delle persone che furono artefici del bene e del male della protagonista. Dalla gestualità alla modulazione vocale, i personaggi si alternano, grazie ai cambi palco aperti, per divenire nemici, martellando la mente e l’animo della protagonista, con discorsi penetranti e portatori di ansie e dissidi, e regalando con la rappresentazione grottesca della Napoli lazzara, leggerezza ed ilarità.

Ogni emozione viene catalizzata sul pubblico attraverso Eleonora Pimentel Fonseca, trasportando il forte bagaglio emozionale all’esterno di quella sceneggiatura più che minimale.

Lo spettacolo vuole a ragion veduta restituire i sorrisi, gli sguardi e i pensieri di una donna frutto di Napoli, che con civica espansione di cuore, si dedicò alla una coscienza collettiva civica con passione e con amore.

Forsan et haec olim meminisse iuvabit. Forse persino di questi avvenimenti un giorno la memoria ci sarà d’aiuto.

(Eroica fenice – Cosimo Di Giacomo)

Eleonora Pimentel Fonseca
la storia irrisolta commuove ancora

Prendi una figura maestosa e discussa come Eleonora Pimentel Fonseca, la cornice solenne della Sala del Capitolo di San Domenico Maggiore e un gruppo di validi attori ed ecco “Eleonora Pimentel Fonseca. Con civica espansione di cuore”. Da questo spettacolo prende le mosse “Stati teatrali”, creato da Annalisa Renzulli, l’attrice protagonista della seconda edizione della pièce. Tre serate da “sold out” per uno spettacolo che agita le menti ed i cuori del pubblico più attento, essendo ancora irrisolte tutte le questioni della Repubblica Napoletana, e di quel che ne è seguito. Riccardo De Luca imposta lo spettacolo con la sua consueta cifra stilistica, con numeri cantati e stranianti, rimandi ed echi di altri mondi, ma perfettamente coerenti col plot narrativo. E’ lui stesso a vestire i panni del Re Lazzarone, mentre emerge ieratica la figura di Francesca Rondinella, cantattrice di infiniti talenti. Gino Grossi, Salvatore Veneruso, Maria Anna Barba, Dario Barbato e Lucrezia Delli Veneri tengono le fila e il ritmo di uno spettacolo che si avvale di una regia briosa, serrata, inquieta e grottesca, ben innervata dalle puntuali ricerche storiche di Antonella Orefice, sorprendente soprattutto per gli aspetti inediti inseriti. E una splendida figura la fa Annalisa Renzulli, che incarna la sua Eleonora con piglio intellettuale e femminile visceralità, dando al suo personaggio l’importanza che merita, con tempi da metronomo e anima spettinata. Quel che ci vuole per leggere, e capire, una pagina importante, e mai troppo digerita, della nostra storia.

(corriere spettacolo – Antonio Mocciola)

Eleonora Pimentel Fonseca al Museo Correale

Uno spettacolo che incanta, appassiona, coinvolge, educa, eleva, emoziona, commuove, smuove. Il grande teatro arriva a Sorrento, attraverso la sensibile mano della lungimirante presidente de Le amiche del Museo Correale, Rossella Di Leva, che ha fatto inscenare sulla romantica terrazza belvedere del Museo Correale di Terranova, giovedì 16 giugno, l’importante dramma teatrale prodotto dalla nascente associazione culturale  Stati Teatrali e firmato dall’impeccabile maestria di  Riccardo De Luca, “Eleonora Pimentel Fonseca, con civica espansione di cuore”, che già i critici decretano “imperdibile”, per finanziare col ricavato della serata il restauro della “Santa Caterina”, dipinto di Giovanni Bernardo Lama, allievo di Raffaello. L’intensa drammaturgia di De Luca- che proprio a Sorrento fondò negli anni ’80 una storica scuola di teatro- è frutto della sua ponderosa ricerca storiografica sulla figura di Eleonora, scrittrice e letterata di elevato sentire, intellettuale di spessore profondo, mente aperta e illuminata, che visse ed incarnò  il fugace sogno -appena sei mesi- della prima Repubblica Napoletana, basata su una nuova costituzione ispirata ai valori della rivoluzione francese di  libertà e di autodeterminazione. La leggendaria donna si mosse in una Napoli confusionaria, sporca, ladra, amorale, feroce ed impulsiva fino alla bestialità, governata da regnanti ignoranti e crudeli come il ridicolo re Ferdinando  di Borbone soprannominato il “Lazzarone” e la sanguinaria e cieca regina Carolina, la cui restaurazione affogò nel sangue gli ideali di una nuova coscienza civile, politica e sociale propugnati da Eleonora e i suoi compagni. Partendo dai romanzi “Cara Eleonora” di Maria Antonietta Macciocchi e  “Il resto di niente” di Enzo Striano, che ha tradotto in buona parte in napoletano settecentesco, e dall’accurata ricostruzione di scritti, atti, documenti e carteggi del tempo, tra cui i documenti storici “Il Monitore Napolitano” e il “Manoscritto del processo di separazione”, De Luca utilizza in un mix esaltante e ricco di pathos variegati codici espressivi- la prosa, la danza, il canto, la musica, il mimo-  e diversi registri- comico, grottesco, farsesco, drammatico, tragico- per rifinire un racconto recitato, cantato, danzato, mimato, di rara e speciale bellezza, giocato sulle ali del gusto e della fantasi. Il regista, vivacemente presente in scena lui stesso in riuscite caricature del male (il marito Pasquale Tria De Solis, il re Ferdinando IV, il giudice Vincenzo Speciale), e coadiuvato da un manipolo di eccellenti attori, ricostituisce efficacemente l’ambientazione dell’epoca, trascinando lo spettatore in un vortice emotivo potente. Lo spettacolo, che sta riscuotendo grande successo a Napoli, arriva con la data sorrentina al notevole traguardo della tredicesima replica, ognuna caratterizzata da tutto esaurito ed immancabile standing ovation finale. Ne è protagonista assoluta una straordinaria Annalisa Renzulli, che, con una prepotente presenza scenica ed un’interpretazione definita “da brividi” dai critici,  “sente” e restituisce con la vibrante passionalità del suo potente talento la vicenda umana e pubblica di Eleonora, donna-simbolo nella storia della breve esperienza della Repubblica Napoletana del 1799. Perfetti, attorno a lei, la superba ed incontrastata voce del teatro napoletano, Francesca Rondinella, l’intenso Salvatore Veneruso, la plastica Lucrezia Delli Veneri, la vivace Maria Anna Barba, il versatile Dario Barbato e il veterano Gino Grossi.  Fa da splendido contrappunto all’impianto narrativo la musica, scelta dal regista e curata da Giovanni Sicignano, con brani tra il classico e il moderno, molti  dei quali affidati alla consumata e sempre prestigiosa capacità vocale della Rondinella. Nata a Roma da genitori di nobili origini portoghesi, ma cresciuta a Napoli dall’età di otto anni ed innamorata del popolo napoletano, del quale invano lottò per riscattare la soggezione succube e complice alla tirannide borbonica e il tenace attaccamento alla barbarie dell’ignoranza, la Fonseca si impegnò ad elaborare una strategia politica nazionale ispirata alla democrazia, molto avanti per la sua epoca. Eleonora Pimentel Fonseca emerge  da gigante nell’opera nella sua essenza di figlia di un padre che la spinge a farsi notare a corte per vedersi riconosciuto il suo titolo nobiliare; di moglie di un uomo infame e prevaricatore; di madre negata e sofferta di un figlio perso a soli otto mesi e un altro abortito per colpa del marito violento ed infedele, che le impone la figlia illegittima, cui poi si lega con sincero affetto; di giacobino appassionato e di intellettuale raffinato e moderno, fondatrice del “Monitore della Repubblica”; di martire politico e dignitoso morto per i suoi ideali. Il pubblico sorrentino delle grandi occasioni, alte cariche dell’amministrazione comunale, intellettuali, giornalisti, professionisti, artisti, ha abbracciato idealmente con emozione e partecipazione Eleonora, fiera nel suo dolore, coraggiosa nei suoi  ideali, luminosa nella sua sensibilità, rivoluzionaria nella sua coscienza di mente illuminata, struggente nelle sue emozioni vissute senza veli ed ipocrisie.

(telestreetarcobaleno.tv – Carlo Alfaro)

Ho assistito con piacere alla messa in scena dello spettacolo Eleonora Pimentel Fonseca con civica espansione di cuore, prodotto da Stati Teatrali, nella bella e suggestiva Sala del Capitolo del complesso di San Domenico Maggiore. Bravissimi  tutti gli interpreti e un plauso particolare ad Annalisa Renzulli che ha interpretato Eleonora e al regista e attore Riccardo De Luca. Davvero bravi!!!

(#sindacodistrada#diario del 19 Febbraio 2016 – Luigi de Magistris)

Eleonora rivive nell’interpretazione di Annalisa Renzulli

In scena a San Domenico Maggiore lo spettacolo di Riccardo De Luca

Il 19 febbraio, presso la Sala del Capitolo del complesso di San Domenico Maggiore, alla presenza del Sindaco di Napoli, Luigi de Magistris e di un folto pubblico, abbiamo assistito alla rappresentazione di ‘Eleonora Pimentel Fonseca. Con civica espansione di cuore’, con Riccardo De Luca, Gino Grossi, Annalisa Renzulli, Francesca Rondinella, Salvatore Veneruso, Maria Anna Barba, Dario Barbato, Lucrezia Delli Veneri, per la regia dello stesso Riccardo De Luca.

Lo spettacolo, presentato dalla storica esperta conoscitrice della figura di Eleonora, Antonella Orefice, è realizzato dall’associazione culturale “Stati Teatrali”, luogo “stabile” di produzione teatrale creato da Annalisa Renzulli, che raccoglie intorno a sé esperti professionisti e giovani di talento che inaugura la propria attività con la II edizione di ‘Eleonora Pimentel Fonseca. Con civica espansione di cuore’. Lo spettacolo è infatti già andato in scena nel 1999 in occasione del bicentenario della Repubblica napoletana presso palazzo Marigliano in seguito al Patto d’Intesa stipulato tra il Soprintendente Giulio Raimondi, il Presidente FAI Campania Maria Rosaria de Divitiis, la scrittrice e autrice Maria Antonietta Macciocchi e la filosofa Esther Basile.

L’opera si basa, ovviamente, sulla vita della scrittrice e rivoluzionaria Eleonora Pimentel Fonseca, ricostruita non solo attraverso le opere, ma anche attraverso scritti, atti, documenti e carteggi del tempo. Imponente, dunque, il lavoro alla base della drammaturgia, che già si cimenta nel complesso compito di mettere in scena degli eventi storici, sebbene la vita della protagonista sia stata intensa e struggente. Alla fine, a fare da sfondo sono gli eventi della Repubblica Napoletana del 1799, anche se il punto di vista è parziale, soggettivo. Ma forse quello che interessava non era far emergere un quadro completo della vicenda, quanto dare vita al personaggio, alle sue vicissitudini, alla sua evoluzione. Del resto lo stesso De Luca, nelle note di regia cita Moravia: “Io non voglio fedeltà, voglio originalità.”

Di nobili origini portoghesi, nata a Roma, arriva a Napoli a soli 8 anni e il suo impatto con la città non è inizialmente felice, scontrandosi con una realtà che percepisce come confusionaria, dura, fatta di sudditanza e di ignoranza. Si tratta della cosiddetta Napoli “lazzara”, definita dalla Renzulli come “sporca, feroce, quasi bestiale che è negli animi e negli occhi del popolo ma anche dei suoi stessi regnanti come quel re Ferdinando che la Storia ha significativamente ribattezzato il re ‘lazzarone’”.

Ma la sua fervente adesione agli ideali della rivoluzione francese, al giacobinismo, passa in secondo piano. Emerge la donna nelle sue tantissime sfaccettature; di figlia, con un padre che la spinge a farsi notare a corte per vedersi riconosciuto il suo titolo nobiliare; di moglie, sposata ad un uomo violento ed infedele; di madre, altrettanto tragica, con un figlio perso a soli otto mesi e un aborto causato dallo stesso marito; di politica, accanto, ad esempio, a Gennaro Serra di Cassano; di intellettuale, fondatrice e direttrice del Monitore Napoletano.

Gradualmente l’atteggiamento di Eleonora cambia, nei confronti dei reali, della città.
Da bibliotecaria di corte passa all’opposizione dei Borbone; dal primo impatto contrastante con Napoli all’amore per la stessa, fino a sentirsene figlia, ad abbandonare l’italiano per esprimersi in napoletano, diventando parte della gente, del popolo.

Impeccabile la regia di Riccardo De Luca, autore anche di una significativa performance in scena, alternandosi nei tre ruoli più spinosi: il re Ferdinando IV, il marito Pasquale Tria de Solis ed il giudice Vincenzo Speciale. Ma sono tutti splendidamente intensi e comunicativi gli attori, in tutte le varie espressioni utilizzate, nel canto, dove spicca una brillante Francesca Rondinella, come nella mimica, nella danza, oltre che nelle interpretazioni. Del resto l’inizio ci prepara già ad un’opera originale, con le parole della marsigliese che inizialmente irrompe sulle note di ‘Una furtiva lacrima’. Ma saranno anche altri i brani, da ‘J’entends siffler le train’ a ‘Fiume amaro’. I brani sono usati al servizio della drammaturgia, non disdegnando un approccio a sonorità molto più moderne, come quelle dei Queen. Non manca un accenno a ‘Palummella zompa e vola’ per la quale ci viene in mente una piccola curiosità e ci lasciamo andare ad una breve digressione, seppur legata alle stesse tematiche; la canzone fu utilizzata nel film “Ferdinando I, re di Napoli”, interpretata dal grande Eduardo, che la canta nei panni di Pulcinella. Nel film il regista Gianni Franciolini la fa passare come canto antiborbonico, in un altro falso storico. In effetti ‘Palummella’ è molto più recente, essendo stata scritta nel 1873 come feroce satira contro l’unità e i Savoia.

Tornando alla pièce, la varietà espressiva è palese, anche nel ricorso ad una serie di registri drammaturgici, dal grottesco al comico, dalla farsa al dramma.

L’intreccio, dicevamo, è retto da una serie di splendide interpretazioni, anche se su tutte spicca quelle di Annalisa Renzulli, che abbiamo trovato semplicemente da brividi, che appassiona, emoziona, coinvolge, con una stupefacente presenza scenica; sempre perfettamente in parte, nemmeno per un attimo sopra le righe, nonostante personaggio e intreccio potrebbero indurre in questo errore. La apprezziamo particolarmente in alcune scene molto cariche dal punto di vista emotivo, in cui tutta la sua espressività emerge in modo evidente, come ad esempio nel monologo in occasione della morte del figlio, oppure nella scena della confessione in carcere, prima dell’esecuzione, e ancora nella scena che la porta al patibolo.

De Luca e la Renzulli, in definitiva, hanno il merito di restituirci un’immagine di Eleonora Pimentel Fonseca decisamente viva, oltre l’appiattimento storiografico e il pallore di alcune versioni cinematografiche del personaggio.

(expartibus – Lorenza Iuliano)

Teatro “De Simone” gremito ed ovazioni finali per la messa in scena di “Eleonora Pimentel Fonseca. Con civica espansione di cuore” di Riccardo De Luca.

Lo spettacolo e’ stato portato a Benevento per celebrare la Giornata Internazionale dei Diritti delle Donne. E’ il racconto di una delle pagine piu’ intense e commoventi della nostra storia, intrisa di profonda umanita.

‘Un Teatro “De Simone” gremito, file al botteghino e ovazioni finali per la messa in scena di “Eleonora Pimentel Fonseca. Con civica espansione di cuore”, di Riccardo De Luca.
Si tenga conto, a rafforzamento del successo di pubblico della serata, che quasi contemporaneamente, a poche centinaia di metri di distanza, andavano in scena al Teatro “Massimo”, “I Modestissimi”, con un Teatro parimenti strapieno ed il concerto del “Canto Beneventano” nella chiesa di Santa Sofia.
Un plauso, dunque, soprattutto ai nostri concittadini per la loro spiccata passione per il teatro e per l’arte in genere.
Detto doverosamente del contesto, diciamo che ad introdurre la serata al “De Simone” l’iperattiva e ormai nota per il suo impegno in difesa dell’arte e della cultura Rossella Del Prete, presidente di Kinetès.
Lo spettacolo, che aveva già scaldato i cuori dei napoletani in ben sette repliche, in due luoghi simbolo della Città, la Sala del Capitolo di San Domenico Maggiore, nel ventre di Napoli, e l’ancor più suggestivo Salone degli Specchi di Palazzo Serra di Cassano, oggi sede dell’Istituto di Studi Filosofici, è stato portato a Benevento per celebrare la Giornata Internazionale dei Diritti delle Donne dall’Università degli Studi del Sannio, dalla Fidapa di Benevento e da Kinetès Arte Cultura Ricerca Impresa che aveva già sostenuto e sponsorizzato il debutto napoletano della pièce.
Gli attori entrano in scena dopo aver attraversato la platea, avvolgendo il pubblico in un primo caldo abbraccio, sulle dolci note dell’aria “Una furtiva lagrima”, dall’ “Elisir d’Amore” di Donizetti.
Sul languido canto d’amore dirompe a sorpresa il ritmo della “Marsigliese” che, se dapprima introduce il tema della rivoluzione e l’animosità giacobina, si spegne poi lentamente sotto i colpi del coro dei sanfedisti, che sembra preannunziare lo strazio che verrà: la condanna a morte che il giudice borbonico Nicola Speciale infligge alla rivoluzionaria Eleonora.
Da lì partirà il racconto di una delle pagine più intense e commoventi della nostra storia, intrisa di profonda umanità: la Rivoluzione Napoletana del 1799, la prima vera battaglia per la costruzione della Repubblica.
Eleonora de Fonseca Pimentel, la “portoghesina”, è una giovane donna colta e con una spiccata vena poetica capace d’intercettare oltre ai temi d’amore, anche quelli patriottici e frequenta i salotti intellettuali liberali della Napoli di fine Settecento.
Apprezzata alla corte di Ferdinando di Borbone come poetessa, diventa la bibliotecaria di Palazzo Reale.
Ma l’animo rivoluzionario di Eleonora, la sua passione per la libertà e per la conoscenza, risentiranno dell’eco della Rivoluzione francese e degli ideali giacobini e la spingeranno ad attivarsi in nome della democrazia e dell’emancipazione del popolo.
Primo direttore della Storia, Eleonora fonda il suo giornale, “Il monitore napoletano”, portavoce del nuovo governo repubblicano; dai fogli del Monitore, condurrà tutte le sue battaglie politiche, cercando di alfabetizzare quegli stessi lazzari che la monarchia spagnola aveva costretto all’ignoranza ed alla miseria.
Ma la neonata Repubblica avrà vita breve: l’esercito francese lascia Napoli in balìa dei reazionari borbonici, dei sanfedisti e dell’esercito inglese, manovrati dalla regina Carolina, in cerca di vendetta per la decapitazione, in Francia, della sorella Maria Antonietta.
E’ la fine per la Repubblica e per i suoi patrioti.
E’ la fine per Eleonora, che si era esposta non poco, e per i suoi amici intellettuali.
A loro Carolina e Ferdinando di Borbone riserveranno impiccagioni e decapitazioni.
Su questa intensa pagina di storia Riccardo De Luca, autore, attore e regista, ha costruito la sua narrazione teatrale, attingendo ai due romanzi biografici: “Cara Eleonora”, di Maria Antonietta Maciocchi e “Il resto di niente”, di Enzo Striano e rileggendo personalmente i documenti storici dell’epoca, come lo “straziante manoscritto” della separazione tra Eleonora ed il marito.
Emerge così la figura di una donna coraggiosa, battagliera, intellettuale, moglie, madre mancata, condannata a morte per aver difeso la Patria, inseguendo la libertà.
Sulla sua strada, la combattiva Lenòr, interpretata magistralmente da Annalisa Renzulli che quasi si confonde con il suo personaggio, incontra uomini e donne con i quali intesserà relazioni buone o cattive, ma pur sempre intense.
La schiera dei personaggi creati da De Luca si presenta ricca di sfumature e suggestioni: il re lazzarone Ferdinando, lo squallido marito Pasquale Tria, il cinico giudice Speciale, il poetico Pulcinella Cammarano, interpretati con perizia e fantasia dallo stesso De Luca; la feroce regina Carolina, la capera pettegola ed infine il boia, uniti dal filo rosso della cattiveria e della condanna a morte, sono i personaggi affidati a Francesca Rondinella, attrice e cantante di esperienza con una significativa prestanza scenica; il padre di Lenòr e poi il tenero ed affranto padre De Forti, che proverà a consolare gli ultimi momenti di vita della condannata a morte, sono i ruoli resi con viva drammaticità ed esperienza artistica da Gino Grossi; il sensibile e romantico Gennaro Serra, il giovane amico patriota, interpretato con grande convinzione da un impeccabile Salvatore Veneruso; l’ingenuità della fanciulla e poi la sensualità di Emma Hamilton, altra protagonista della vicenda storica, interpretate con la dovuta semplicità e l’elegante delicatezza da Lucrezia Delli Veneri, ballerina professionista, per la prima volta anche nel ruolo di attrice; infine la plebe, i lazzari, riproposti con drammatica efficacia da Marianna Barba e Dario Barbato, entrambi molto convincenti, con il loro carico di napoletanità.
Su tutti domina un’intensa ed appassionata Annalisa Renzulli, l’Eleonora voluta da Riccardo De Luca che, superata la verità storica teatralizzata, rivive, dopo l’onta dell’impiccagione, nell’invenzione scenica che idealizza la rivoluzione del ’99.
Può essere quella una strada politica alternativa che dica che “lo munno po’ girà alla mano smerza”?
La finezza gestuale della Renzulli, insieme alle sfumature tonali con cui pronuncia il suo monologo finale, sapientemente costruito da De Luca, sembrano lasciare al pubblico, che ha seguito rapito e commosso l’intera vicenda, uno spiraglio di luce e di speranza (le foto dello spettacolo sono di Mariarosaria Ingino per “Gazzetta di Benevento”).

(Gazzetta di Benevento – Camilla Barberini)

“E forse un giorno gioverà ricordare tutto questo”

“E forse un giorno gioverà ricordare tutto questo”, sperò lei prima di morire. Ma un giorno certo non basta, e non ne basteranno altri mille per rivivere in un groviglio di emozioni, il vissuto di una donna eccezionale, relegata ad una storia viva e sofferta nel cuore di Napoli.

Il meritato successo dell’opera di Riccardo De Luca “Eleonora Pimentel Fonseca, con civica espansione di cuore”, magistralmente interpretata da Annalisa Renzulli, replica a grande richiesta dal 19 al 21 febbraio nella sala del capitolo di San Domenico Maggiore.

C’è bisogno di ricordare, di capire, di far conoscere un pezzo di storia che appartiene di diritto a tutti coloro che amano Napoli e la libertà democratica conquistata nei secoli con gran sacrificio di vite umane.

“La libertà è il bene più prezioso per un essere umano”, aveva scritto Eleonora, e nessun primato dinastico avrebbe potuto valere tanto quanto una Repubblica democratica.

Eleonora ritorna, fluttuante, decisa, tragica e vera. Torna e colpisce nell’anima, torna e ci parla dal passato, lasciando nel suo interlocutore  il desiderio di riviverla ancora, in un’atmosfera magica, cruda e drammatica, nei risvolti tragico comici di una Napoli lacera, dove l’ignoranza trionfa con tanto di corona e un Dio ammantato di superstizione.

Eleonora torna e combatte, torna e si dispera, torna e odia quel destino crudele,  poi lo ama, tanto da volerlo cambiare, tanto da morire nel suo gelido abbraccio.

E così tutta la sua breve esistenza si consuma percorrendo gli eventi con incalzante trepidazione, dall’infanzia alla maturità, tra pensieri, lacrime, gioie insperate  e rivoluzione, fino a giungere a quel patibolo, macabro trono dell’immortalità.

(il nuovo monitore napoletano – Antonella Orefice)