Ultimo Atto

monologo “per infiniti personaggi” di Franco Cossu

regia di Riccardo De Luca

personaggi – interpreti

La Protagonista, Lei, Ella – Annalisa Renzulli

Note introduttive di regia

Cominciamo col dire che il personaggio protagonista non ha nome e non deve averlo: è donna e quindi in queste note lo chiameremo Protagonista, Lei, Ella.

Ci sono due dimensioni che si alternano nella storia di “Ultimo atto”: quella del presente, dove la Protagonista partecipa alla fastidiosa recita del dolore degli astanti in una casa dove è appena morta una persona e quella del passato, dove Lei ricorda tutto quello che è successo durante l’agonia e la morte del padre. Sono due momenti che sembrano completamente scissi. Su entrambi domina la dimensione del ricordo. Il fastidioso, odioso presente che Ella vive rifugiandosi in quello che l’autore chiama “non luogo” dove de/scrive dei personaggini che fanno l’antipatica commedia e un tenero, drammatico passato che irrompe in questo “non luogo” dove la Protagonista ci parla della morte del padre.

Dalla pagina scritta come sempre il passaggio al teatro è un atto di violenta concretezza e siccome il teatro è di per se un “non luogo”, un “altro da sé” è sul palcoscenico che il personaggio/Protagonista, Lei, Ella non de/scrive ma vive. La particolarità è magari che vive “raccontando”.

Ecco quindi che la scissione della Protagonista la portiamo fino in fondo, nel ricordo e nel non luogo: Ella interpreta tutti i personaggi di cui racconta, dall’odiosa cognata del morto all’impicciona vicina signora Carolina alla zia Raffaellina, chiatta ed esibizionista. E questo nella commedia, che detesta. E interpreta l’amato Padre e se stessa e le sue riflessioni. E questo nel drammatico ricordo dell’assenza e presenza del padre. Alla fine tutto coincide, la scissione delle due dimensioni, nei tanti piccoli personaggi, tra la commedia e il dramma: scenicamente si ricompone — attraverso la sorpresa finale — nell’unico luogo dove poteva comporsi: nell’umano del personaggio, nella fantasia dell’artista.

Riccardo De Luca

stampa

Tra memoria e futuro

“…La splendida impostazione registica di Riccardo De Luca, difatti, rende il convincente testo di Franco Cossu e l’ineccepibile prova attoriale di Annalisa Renzulli, una perla preziosa da apprezzare fino in fondo ed in ogni sfumatura…”

“…Il tema della morte, difatti, non viene banalizzato, ma si spinge a fornire strumenti volti a destituire le convenzioni sociali al loro marginale ruolo di sovrastrutture prive di sostanza. La protagonista si impadronisce del palcoscenico in maniera dinamica, lo riempie dei suoi pensieri e dei suoi vari personaggi…”

“…La morte del padre rimanda ad una immagine di sé stessa sfalsata, in conflitto tra la percezione soggettiva dell’evento e le attese di chi la circonda nel giorno del funerale. È l’unica a non piangere, ed ora, da questa visuale, ci piace, parteggiamo per lei. È quello il dolore, ‘un raggio di sole, che testardo attraversa l’imposta’; è l’aspetto più intimo di un’esistenza, quel sentiero che non può banalmente trasmutarsi in ghirigori facciali o ‘adeguate’ regole sociali…”

“…Quasi a confondere il presente ed il passato – così come da Stravinsky si passa ad Anna Oxa -, regista-autore-attrice convergono nella figura della protagonista, dando spessore al senso di una riflessione di non poco conto, elaborata e delicatamente esplicata nella breve intervista fatta loro al termine della messa in scena…”

(Oltrecultura – Melania Costantino)

“Ultimo Atto”, monologo “per infiniti personaggi” scritto da Franco Cossu, diretto da Riccardo De Luca e interpretato da Annalisa Renzulli.

Il registro è quello del monologo d’evocazione (un po’ alla Gaber, ricorda il regista), reso sulla scena dalla dirompente fisicità della Renzulli, brava a indossare di volta in volta le abominevoli maschere che compongono lo spietato teatrino di meschinità, ipocrisia e collaudata routine che ormai è divenuto il rito dell’ultimo saluto, un funerale come tanti altri.  Un crescendo mozzafiato di sarcasmo e rabbia, che si scioglie infine nel ricordo del dolore privato, nelle sensazioni ora sì intime e autentiche di chi ha assistito, in prima persona, all’agonia del defunto.

Una maniera  per recuperare il senso perduto (ma ce l’abbiamo mai avuto?) della morte, per imparare ad affrontare il congedo dalla vita con nuovi occhi e una nuova sensibilità.

Alla fine della serata sarà proprio quest’ultimo corto a vincere la “nomiantion” provvisoria per il premio del pubblico, che sarà assegnato la sera del 26, quando scopriremo anche il vincitore assoluto  di questa ottava edizione, che per ora, sia per quanto riguarda la qualità dei testi che la risposta del pubblico, non ha deluso le aspettative. Ma siamo appena a metà percorso…

(Il brigante – Amedeo Junod)